Porcelli: «Gli oggetti misteriosi? È il mio Blob torinese»- Corriere.it

2022-11-10 10:32:02 By : Ms. vivian he

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Uno degli autori televisivi più innovativi degli ultimi decenni arriva a Torino per insegnare all’Albertina. E saluta la città con la performance diffusa «ieri oggi “è” domani»

Acqua, sapone, passata di pomodoro, e sullo sfondo la fotografia ritoccata di un bambino degli anni Settanta. In questi giorni, sarà capitato a molti torinesi di imbattersi in un barattolo, in una bottiglietta o in un dispenser «abbandonato» sopra un toret di piazza Carlo Felice o tra le inferriate delle Ogr. Con la foto di ragazzini e ragazzine e una scritta enigmatica che rimanda agli appelli che un tempo si leggevano sui cartoni del latte: «Chi l’ha visto?», «Chi l’ha vista?». Il progetto si chiama «ieri oggi è domani» e dietro a questa performance metropolitana soffice e diffusa, resa pubblica sui social con il titolo «Work Image», c’è Filippo Porcelli, uno degli autori televisivi più innovativi degli ultimi decenni . L’ideatore con Enrico Ghezzi di programmi cult come Blob e Fuori Orario, nonché regista di Viaggio in Italia e 10.25, sulla strage di Bologna, sta per trasferirsi a Torino per insegnare al nuovo corso di «Cinema, fotografia, audiovisivo» e per la cattedra di Metodologia progettuale della comunicazione visiva all’Accademia Albertina di Belle Arti.

«Un rapporto iniziato da qualche mese — precisa — in cui abbiamo realizzato questo primo progetto». Porcelli ne sintetizza il senso: «Volevamo educare i ragazzi, una delle classi più stimolanti che mi sia mai capitata, a condividere l’identità e la memoria attraverso la ri-contestualizzazione di oggetti d’uso comune e di “fake”, come per esempio un libro travestito da Adelphi nascosto in una bancarella di via Po». Il tutto ha origine dalla visione del reportage I bambini e noi di Luigi Comencini , visionabile presso Rai Teche — Mediateca di via Verdi, «vero tempio della memoria con cui collaboreremo anche il prossimo anno». Nel film si raccontava il metodo pedagogico innovativo dei maestri delle scuole Costa e Casati di Torino, e in particolare di Fiorenzo Alfieri: «Quando ho capito che tra i suoi metodi c’era la comunicazione “scuola-quartiere-città”, ho subito pensato che avremmo dovuto riprenderci il ruolo di quei bambini».

Giovedì 30 giugno, nel corso della Summer Exhibition in Accademia , gli oggetti saranno inseriti in un’installazione multimediale realizzata in collaborazione con Susanna Gianandrea, responsabile della Mediateca: «Con l’utilizzo di un frame che rimanda a epoche di una Torino che non esiste più, il progetto testimonierà che la memoria e gli spazi si trasformano di continuo, soprattutto tramite gli immaginari delle generazioni precedenti». La memoria per immagini è un concetto ricorrente per l’autore di Schegge e Vent’anni prima: «Siamo formati prevalentemente in termini di scrittura e oralità e questo porta a un inaccettabile analfabetismo del linguaggio filmico e lo sapete il motivo? Perché il mainstream è per lo più visivo e non ha alcun interesse a formare intellettualmente i propri destinatari».

Porcelli fa l’esempio di Blob : «Era una trasmissione di puro montaggio che faceva riattivare percezioni nascoste, non educando in senso classico, ma allenando la capacità di relazioni e collegamenti tra immagini e idee». Una pulsione, quella alla formazione, già esercitata al Dams di Bologna e all’Accademia di Brera a Milano, ma che Porcelli confessa di aver sempre considerato collaterale nella sua vita professionale. Almeno fino all’incontro con l’istituzione diretta fino al 31 ottobre da Edoardo Di Mauro, cui succederà Salvo Bitonti, e presieduta da Paola Gribaudo: «Era impossibile resistere al richiamo dell’Albertina e del suo immaginifico direttore Salvo Bitonti. Qui c’è storia, entusiasmo ma anche progettualità e per i prossimi anni mi calerò completamente in questa realtà». Dopo aver rivelato che per vivere più a fondo Torino, vi si trasferirà a tempo pieno, Porcelli spiega come, nel tempo, sia riuscito a coglierne alcuni aspetti della sua anima. «Anni fa intervistai l’avvocato Agnelli sulla cupola del Lingotto. In poche ore compresi che, rispetto ad altre metropoli, la sobrietà di questa città era tutta un’altra cosa».

E oggi? «Recentemente ho preso un caffè a Porta Nuova. Il barista mi chiede: “Non lo vorrebbe un cioccolatino?”. Mai sentita una frase così elegante in un bar. E a proposito di cioccolato, Piero Angela un giorno mi confessò del suo piacere per il suo gianduiotto serale “da gustare lentamente”. Stile, buon gusto e tanta sostanza: ecco cos’è per me un vero un torinese».

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